giovedì 6 settembre 2007

Mercoledì 6 settembre 1887 - s. Zaccaria profeta

Oggi feci i ritratti vestita da zingara riusciti splendidamente.



Nota: questa annotazione potrebbe essere la seconda in senso cronologico, vedi le considerazioni relative alla nota del 2 agosto 1887. Qui però le difficoltà di attribuzione sono ancora maggiori. Lo spazio del 6 settembre è occupato da due note: la prima, brevissima scritta a matita: "Oggi feci i ritratti vestita da zingara riusciti splendidamente". Sembra anche esserci l'indicazione di un anno, scritta a matita, (come la parte finale della nota del 1887) ormai quasi illeggibile (si intravvede soltanto il numero 1 e forse il 7 finale di un 1887). Ma poi la correzione a penna posta sopra indica 1888, quindi non c'è alcuna certezza. Più sotto si trova invece una nota chiaramente riferibile al 1888. Immagino che i ritratti fossero dei ritratti fotografici. Curioso che i vestiti fossero da zingara, ma molto probabilmente l'iconografia dell'epoca vedeva gli zingari sotto una luce più positiva di quella di oggi (basti pensare al Trovatore di Verdi, che però risale a più di trent'anni prima).

- Prosegui la lettura con il giorno successivo: 11 gennaio 1888
- Torna al giorno precedente: 2 agosto 1887

giovedì 2 agosto 2007

Martedì 2 agosto 1887 - s. Maria degli Angeli

Ieri sera gran ridere in occasione della domanda di matrimonio fatta dal Sigr Bolis ed in modo così drammatico ed esaltato che tutti ne abbiamo riso di cuore. fui però un po' troppo scortese ma dipende dal mio benedetto carattere.


Nota: Lo spazio del 2 agosto è occupato da una nota che non si collega né con la precedente (del 1° agosto 1888) né con la successiva (del 3 agosto 1888). Si tratta di una nota che potrebbe essere, in senso cronologico, la prima in assoluto ad essere stata scritta sul diario di Angioletta. Notiamo infatti che l'indicazione dell'anno, che viene aggiunta (come sempre a mano) di fianco alla data prestampata, è stata infatti corretta: il solito 1888 è stato scritto e poi cancellato e sotto l'indicazione di S. Maria degli Angeli è stato vergato un 1887. Inoltre la nota si riferisce a un episodio che difficilmente può essersi svolto nell'agosto 1888, nel corso della breve vacanza a Stabio di una Angioletta già fidanzata dal gennaio 1888, la nota parla infatti del rifiuto della proposta di matrimonio fattale da un certo Sig. Bolis, 

Quindi sia la circostanza, sia la stessa scritta "1887", ci fanno ritenere che l'episodio si sia davvero svolto nel 1887. Se così fosse, questa nota narrerebbe l'episodio meno recente della vita di Angioletta, rispetto a tutte le altre note del diario, chiaramente riferibili al 1888, tranne forse una seconda (6 settembre 1887).

Di questo Bolis (il cognome è molto diffuso nella zona tra Lecco e Bergamo) non sapremo più nulla in seguito. Angioletta nell'agosto del 1887 è poco più che diciannovenne (non ancora fidanzata) e i "tutti" che ridono di cuore devono essere la stessa ragazza e i genitori,

Va notato che essendo occupato lo spazio del 2 agosto, Angioletta è costretta poi a scrivere la nota relativa al 2 agosto 1888 (giorno in cui torna a casa da Stabio) sul margine della pagina successiva (3 agosto). "1888 Arrivo felicissimo accoglienza splendida. Trovato un dono della Zia Teresa assai elegante. Piero affettuoso".

Se l'episodio della proposta del Bolis è riferibile al (2 agosto) 1887 restano però moltissimi dubbi su quando sia stata effettivamente scritta la nota relativa all'avvenimento.

La prima ipotesi è la più immediata: la nota sarebbe stata scritta nell'immediatezza dell'avvenimento, ovvero nel 1887. Se così fosse Angioletta avrebbe utilizzato l'agendina solo occasionalmente nel corso di quell'anno (giusto questa nota e poi, forse, una seconda nota il 6 settembre). Poi, all'inizio del 1888, l'agendina sarebbe stata ripresa in mano da Angioletta per le sue annotazioni quotidiane sempre più frequenti e fitte fino a che con il flusso della scrittura, nell'agosto del 1888, non sarebbe arrivata al 2 agosto trovandolo già occupato dalla nota dell'anno prima.

Questa ipotesi però cozza con il fatto che di fianco alla data del 2 agosto sia stato scritto e poi cancellato 1888. Se la nota fosse stata scritta effettivamente nel 1887 difficilmente si sarebbe potuto fare un errore del genere. Anche il fatto che l'inchiostro sia lo stesso della nota precedente sembrerebbe smentire questa ipotesi.

Forse il tutto potrebbe conciliarsi formulando una ipotesi differente. La nota sarebbe stata effettivamente scritta nel 1888, ma con riferimento a un episodio del 1887. In altre parole: la sera del 2 agosto 1888, come quasi tutte le sere, Angioletta vorrebbe iniziare a scrivere la nota con gli avvenimenti della giornata e aggiunge 1888 di fianco alla data prestampata, poi si ricorda che lo stesso giorno dell'anno prima era accaduto un evento memorabile, allora cancella il 1888, aggiunge il 1887 e scrive l'episodio relativo alla proposta di matrimonio, "come se" fosse stato scritto allora (nel 1887): "Ieri sera gran ridere in occasione della domanda di matrimonio fatta dal Sigr Bolis ed in modo così drammatico ed esaltato che tutti ne abbiamo riso di cuore".  Aggiunge poi a matita una completamento/ripensamento (che potrebbe essere anche stato scritto in un altro momento)  "fui però un po' troppo scortese ma dipende dal mio benedetto carattere".

Finita la rievocazione, con la pagina quasi del tutto occupata, Angioletta avrebbe poi scritto sul bordo della pagina successiva la nota relativa al 2 agosto 1888. Sono solo ipotesi: quello che sembra abbastanza certo è che il 2 agosto 1887 Angioletta abbia detto di no a Bolis, mentre il 2 agosto 1888 sia tornata a Milano da Stabio.

Questa seconda ipotesi (nota scritta nel 1888 che parla del 1887) ha però un grosso difetto: non spiega perché la frase finale alla nota relativa al 2 agosto 1887 sia stata aggiunta a matita. Se è stata scritta contestualmente alle frasi precedenti e successive (nella pagina seguente) il passaggio a matita resta difficile da spiegare.

La terza ipotesi allora prevede sempre che la nota relativa al 1887 sia stata scritta nel 1888 (esclusa però la parte a matita!). E subito dopo sia stata scritta sul bordo della pagina seguente la parte relativa al 2 agosto 1888. Poi in un momento ancora successivo, magari anni dopo, rileggendo il diario (ricordiamo che l'agenda è stata conservata per una vita) Angioletta potrebbe aver pensato che nel 1887 era stata un po' scortese nel rifiutare Bolis e potrebbe aver aggiunto l'appunto di scuse a matita. 
Ma anche questa terza ipotesi presta il fianco a una critica: non spiega perché - nel 1888 - Angioletta non abbia sfruttato quel poco spazio in calce alla nota relativa al 1887 (e non ancora occupato dalla nota a matita) per scrivere l'appunto relativo al 2 agosto 1888 invece di andare sul bordo della pagina successiva.

Personaggi: Signor Bolis

- Prosegui la lettura con il giorno successivo: 6 settembre 1887

mercoledì 1 agosto 2007

Titoli

La vita è una lotta
Povero e pur patriota
Una croce in camposanto
La partenza del coscritto
Quel che si vede dalla mia finestra
Ei non è più!
La morte di una cara persona
La notte. - Descrizioni e pensieri
Un tramonto sul lago
L'ultima raccomandazione del Nonno
La vedova
Cadon le foglie.
Il lampo della vita
Ritorno dell'esule lombardo
Passeggiando
In soffitta
Il più bel giorno della vita.
L'ultimo foglio del calendario
La tomba paterna

martedì 1 maggio 2007

La morte dei fratelli Zoja


Angelo Mosso, nella sua Fisiologia dell'uomo sulle Alpi riporta una dettagliata relazione del dottor Filippo De Filippi, testimone oculare dell'incidente, sulla morte dei fratelli Raffaello e Alfonso Zoja. Mosso vuole, come lo stesso De Filippi cercano soprattutto di analizzare le cause fisiologiche all'origine della morte dei fratelli, ma così facendo ci propongono una dettagliata descrizione della sfortunata escursione del 26 settembre 1896 in cui morirono i due fratelli, (figli dell'illustre anatomista Luigi Zoja) la cui firma troviamo nel diario di Emma con data 4 settembre 1893 con riferimento ad un'altra gita in montagna.
    
    Come esempio fatale di questi errori nell'apprezzamento delle proprie forze, cito la morte avvenuta l'anno scorso in un'altezza di 2100 metri, di Raffaello ed Alfonso Zoja, figliuoli del professore di anatomia nell' Università pavese. Raffaello Zoja benché giovane era già conosciuto come un cultore eminente delle scienze biologiche, un ricercatore appassionato che, comprendendo i lati nuovi della scienza, trovò nuove vie per la ricerca del vero. Alfonso era un'anima gentile che nel Laboratorio del professor Golgi, isolato dal mondo, assorbito nella contemplazione della natura, aspirava a continuare la tradizione gloriosa del suo avo, il celebre anatomico Panizza.
    Nel parlare della loro morte che rimarrà per sempre ricordata con terrore negli annali dell'alpinismo, sento il dolore profondo di un amico che saluta la memoria di due giovani carissimi nei quali l'Università di Pavia e la scienza, avevano, più che la speranza, la certezza di uno splendido avvenire.
    Il dottor Filippo De Filippi, mio discepolo ed assistente della clinica chirurgica di Bologna, loro compagno di sventura in quella tristissima giornata, scrisse una lettera che riproduco come ricordo del comune cordoglio.
                         " Bologna, 3 dicembre 1896.
             " Caro Maestro,
     " Ho voluto lasciare passare qualche tempo dalla disgrazia che Ella mi ha domandato di analizzare pel suo libro, sperando che si attutisse in me la violenta impressione morale provata allora e dopo, innanzi allo strazio della famiglia infelicissima. Ma ancora oggi provo un turbamento tale nel ripensare a quelle ore che non può a meno di riuscire dannoso ad un giusto apprezzamento e ad una analisi critica rigorosa dei fatti.
     " Faccio precedere alcune note sulle condizioni fisiche e sul passato dei due giovani, fornitemi dal loro fratello, dottor Luigi Zoja.
Il primo, Raffaello, di 27 anni, era un giovane alto, magro, biondo, con viso un po' emaciato, quasi ascetico, dai tratti affinati, con espressione dolce, sempre serena. Una testa da studioso, su un corpo non molto sviluppato, senza che però si potesse dire esile. Non aveva cardiopatie: nel 1892-93 aveva sofferto una forma dispeptica gastro-intestinale con fenomeni nervosi esplicantisi in una facile stanchezza cerebrale che gli rendeva impossibile un lavoro mentale prolungato. Questi scomparvero col guarire dei disturbi digerenti, e nel '94 godeva di nuovo buona salute. Ebbe però in quest'anno una forma di intossicazione gastro-intestinale, di origine rimasta oscura, insorta acutamente con vomito, accompagnata da fenomeni di sincope allarmanti che durò pochi giorni, e dalla quale si rimise prestissimo. Nel '95 tutti e tre i fratelli s'ammalarono di scarlattina, una forma benigna, senza complicazioni renali. Raffaello faceva da anni escursioni alpine coi fratelli, salì ripetutamente fino ai 3000 metri, una volta a 3600 metri senza provare mai nessun disturbo. In una sola salita, fatta dopo aver ballato fino alle 2 antim., senza aver riposato nella notte, ebbe vicino alla punta (2400 metri) adinamia fisica generale con marcata apatia morale. Potè però compiere il poco che rimaneva di salita e guarì subito nella discesa. Il fratello Luigi crede si sia trattato di mal di montagna. Quest'anno avevamo salito tutti assieme altre due punte della Valle Vigezzo di pochi metri più alte del Grindone senza che vi fosse stato il minimo accenno di sofferenza. In nessuna salita avevano i Zoja sperimentato il cattivo tempo con la tormenta. Aggiungo che Raffaello era particolarmente sensibile al freddo.
     " Il secondo fratello Alfonso, diciannovenne, piuttosto esile fino all'età di 17 anni, s'era dopo sviluppato rapidamente. Era un ragazzo ben conformato, magro ma di aspetto robusto, molto agile, con un assieme di ginnasta. Non aveva avuto altra malattia che la scarlattina di cui ho fatto cenno. Da due anni compagno ai fratelli nelle passeggiate alpine, era salito fino ai 2800 metri senza avere mai provato nessun disturbo. Malgrado la magrezza, forse in relazione col rapido sviluppo, mangiava molto e s'era usi a scherzarne sempre fra noi.
    " La sera del 25 settembre, combinata ogni cosa per la gita, verso le 9 e mezzo Raffaello e Alfonso si misero a letto per riposare un paio d'ore. Da più giorni non s'erano fatte salite, e in quella giornata avevano fatto una semplice passeggiata non faticosa. Alla mezzanotte, dopo la solita colazione, si partì con tempo bellissimo. Per quattr'ore e mezzo camminammo quasi al piano, costeggiando il torrente, tutti del solito buon umore, portando lo zaino ben fornito un' ora per ciascuno, come s'era fatto sempre le altre volte. Poi in un'ora e mezzo di salita non faticosa, raggiungemmo l'ultimo Alp o Malga (1200 metri). Erano le 6 antim., e si fece il primo spuntino: pane, ova e cacio bevendo thè. Non avevamo vino con noi, i Zoja erano astemii ed io pure in montagna preferisco thè o caffè. Dopo mezz'ora si riprese la via, e alle 8 eravamo ai piedi della arrampicata, quella che doveva essere la parte divertente della passeggiata. Presi lo zaino, e da quel momento lo tenni sempre io, non che i compagni apparissero stanchi, ma per evitar loro il senso di squilibrio che esso dà nell'arrampicata, e rendere questa più sicura. La salita fu quasi una delusione, certo non più difficile delle altre fatte assieme quell'anno, e trovammo che non metteva conto di andare così lontano per così poco. Il tempo era sempre bello, con poche nubi sulle catene più lontane, da Nord soffiava una leggera brezza non sgradevole. Verso le 11 a un tratto una folata di vento ci avvolse in una nebbia trasparente e cominciò a cadere interrottamente una fina gragnuola. Un capriccio di vento clic durò forse meno di 15 minuti, dopo il quale tornò a splendere il sole. Noi, già vicini al sommo, non vi badammo, e poco prima di mezzogiorno eravamo sul crestone terminale delle Roccie di Gridone (m.2100 circa). La salita si poteva. dire fatta, e sedemmo tranquillamente per far colazione e goderci il panorama. Sapevamo di dover solo superare tre spuntoni poco più alti della cresta, di percorso facile, per arrivare al sentiero della Bocchetta di Fornale e alle malghe sottostanti di Val Cannobina, un cammino di quattro ore al più. Mangiammo tutti tre, ma non saprei dire ora se i Zoja mangiassero meno del solito. Certo erano del solito umore, non mi erano parsi stanchi neppure nell'ultimo tratto di salita, ed io non ebbi fino allora il più piccolo sospetto che fossero in condizioni anormali. Le è noto come si levasse improvviso un temporale dal Nord mentre eravamo seduti, senza che avessimo tempo di renderci conto che il tempo cambiava. In meno di dieci minuti fummo avvolti da una nube densa che ci toglieva la vista a pochi metri di distanza, e cominciò a nevicare fittamente, a grosse falde, che imbiancarono rapidamente la roccia, e dopo un quarto d'ora l'avevano ricoperta di quasi un palmo di neve. Il vento, fattosi forte, sbatteva furiosamente il nevischio, tormenta per me affatto nuova a quell'altezza, certo, dato il sito, di una violenza eccezionale. A nessuno di noi venne in mente di ridiscendere la ripida parete per la quale eravamo saliti: ripresi lo zaino e ci avviammo. Subito ai primi passi notai che s'andava adagio, che i miei compagni avevano il passo incerto e malsicuro: pensai che fosse l'effetto del vento che rende malagevole il percorso delle creste a chi non vi è abituato, e consigliai a Raffaello che mi seguiva primo di camminare carponi se non si sentiva sicuro. Allora badavo più che a loro, alla corda, per non lasciarli scivolare. Dopo neppure mezz'ora Raffaello mi domandò di fermarsi un po' perchè il vento gli troncava il fiato. Allora mi accorsi che stavano male tutti e due, e che la marcia stentata non era solo l'effetto dell' impressione morale del temporale. Erano pallidi, battevano i denti, accusavano nausea e un po' di mal di capo, erano apatici, muti ai miei scherzi e alle mie sollecitazioni, con passo e movimenti fiacchi, senza energia, non dicevano di aver paura, ma di essere stanchi, e che se li lasciavo riposare un po' avrebbero camminato meglio. Allora cominciò una lunga lotta, cercando io con ogni mezzo di tirarli innanzi, di impedire che si fermassero ogni momento, e il proseguire divenne tormentoso per tutti. Le pareti che divallavano a destra e a sinistra erano ripide, e si doveva camminare uno alla volta per la necessità di sorvegliarli in ogni loro passo. Procedevamo assieme solo nei tratti in cui potevo camminare su un versante facendo procedere loro sull'altro, colla corda a cavallo della cresta.
    " Alle 4 pom. avevo perduto ogni speranza di raggiungere il colle prima di notte. Il tempo continuava a imperversare, avevamo percorso poco più di un terzo di cresta, e, senza prevedere ancora la catastrofe che ci sovrastava, capivo che i miei compagni, malati, in quello stato di inerzia fisica e morale, erano nelle condizioni peggiori per passare una notte nella neve. Allora mi decisi a tentare una discesa diretta per un canalone della parete di Val Cannobina. Avevamo neve oltre il ginocchio, e si scese adagio, i Zoja innanzi, io dietro trattenendoli colla corda perchè scendevano più a scivoloni che con mani e piedi come avrebbe richiesto il sito. In mezz'ora ci abbassammo di un 60 a 70 metri dalla cresta, quando un salto verticale di roccia ci tagliò la via. Mi slegai e per un quarto d'ora cercai un passaggio nel canalone e sulle pareti laterali di esso, ma inutilmente; non si poteva scendere neppure a voler fare un'imprudenza, e si doveva tornare sulla cresta: il canale era ripido, e se i miei compagni camminavano a stento ora, sarebbe stato peggio dopo la notte che ci aspettava. Cedendo alle mie insistenze tentarono di mangiare qualche cosa, ma la nausea faceva loro sputare i bocconi mezzo masticati: bevvero un sorso di thè, e molto a malincuore ripresero la salita. Durò poco più di un' ora, ma in quelle condizioni parve eterna. Ricalcammo la cresta a notte fatta (6 pom), in un punto alto circa 2100 metri. In pochi minuti trovai uno spiano di roccia largo un paio di m. q., un po' sotto la cresta, riparato dal vento, ma non dalla neve, e ci fermammo. Ai Zoja si leggeva in viso evidente la soddisfazione di non dover più camminare.
    " Raffaello m'inquietò subito, era seduto, inerte, cogli occhi aperti e un po' fissi. Non tremava, né batteva i denti come me e Alfonso, non parlava se non interrogato, diceva che ora stava bene, che non aveva più freddo. Respirava regolarmente e aveva il polso un po' rapido, piuttosto piccolo, ritmico e moderatamente depressibile. Alfonso appariva stanco, apatico anche lui, ma evidentemente non era nelle condizioni di esaurimento del fratello. Bevvero il po' di thè che rimaneva. I fiammiferi ci s' erano inumiditi in tasca, e non potemmo accendere la lanterna, né servirci della macchina per il caffè. — Tentai di nuovo, ma inutilmente di far loro mangiare qualche cosa. Quasi subito cominciammo il massaggio a Raffaello, Alfonso agli arti e io al tronco, forzandolo a parlare perchè non s'addormentasse. Continuava a nevicare colla stessa violenza, e ogni tanto Alfonso ed io scuotevamo la neve dalle spalle: dovevamo avere 1-2 gradi sopra zero. Raffaello peggiorava poco a poco, insensibilmente: me ne accorgevo dalle risposte che venivano tarde, dalla necessità di ripetere più volte le domande; il polso si faceva più frequente. A un certo momento, dopo che gli ebbi ripetuto una domanda parecchie volte, gridando, mi guardò in viso con un'aria stralunata e disse adagio: " Non capisco „. Allora ripresi il massaggio con neve, praticando frizioni energiche sul petto e sul dorso. Ogni tanto Alfonso ed io ci si fermava qualche minuto, stanchissimi. Io badavo poco a lui, batteva sempre i denti dal freddo, e parlava poco: pareva perfettamente cosciente, ma non si accorgeva della gravità dello stato del fratello. A mezzanotte, colla stessa rapidità colla quale era insorto, il temporale si dileguò e in pochi minuti rivedemmo il cielo stellato e la luna splendida. Cominciò subito a gelare, e credo che la temperatura fosse piuttosto bassa dalla rapidità colla quale si formavano stalattiti di ghiaccio sulla roccia. Avevamo forse 6-7 gradi di freddo, ma è difficile rendersene conto esatto così bagnati e stanchi, in mezzo a neve ghiacciata. Dopo poco Alfonso notò che il fratello non rispondeva più affatto alle domande, gli dissi che era il sonno e che continuasse il massaggio forte. Serviva a poco, oramai, sugli arti, ma era un mezzo per tener desto Alfonso, dandogli una reazione contro il freddo. Oramai credo vi fosse incoscienza completa; aveva polso filiforme, rapido, respiro ancora regolare, nessun sussulto: sollevando un braccio ricadeva come in paralisi flaccida, nessuna reazione agli stimoli esterni, sguardo fisso, quasi vitreo. Cominciò a dire qualche parola senza senso, pronunziata a mala pena, in un delirio tranquillo che durò poco, Verso l'una mi parve che il respiro si rallentasse, facendosi meno regolare. Allora lo coricammo sul dorso (era stato sempre seduto appoggiato alla roccia, per essere più riparato dalla neve), e cominciammo la respirazione artificiale continuando le frizioni sul torace. Alfonso taceva e io non osavo guardarlo in faccia — ma non capiva ancora.... Si durò così un' altr'ora. A un tratto sentii la pelle del malato coprirsi di sudore, e quasi subito il rilasciamento completo della morte: il cuore s'era fermato prima, dopo potei ancora sentire il torace sollevarsi in inspirazione attiva. Erano le 2 antimeridiane.
    " Alfonso non se n' era accorto e fece ancora qualche movimento di respirazione artificiale. Poi sentì le braccia del fratello irrigidirsi nelle sue mani e le lasciò domandando subito esterrefatto ." È morto?„ Chinai il capo, e cominciò a piangere silenziosamente, senza singhiozzi, ripetendo ogni tanto ''Povero Jello! „ Rimisi a stento il corpo già rigido contro la roccia, riparato in parte da un piccolo vano e cercai di vincere 1' amarezza angosciosa dell'animo per pensare al superstite. Coll'immobilità aveva sentito subito acutamente il freddo, e si accoccolava contro di me che gli facevo percussioni e frizioni al tronco. Non lo potevo decidere a nessun movimento attivo. Non aveva coscienza seguita e completa. A intervalli ripeteva il nome del fratello piangendo, senza però quello strazio nel dolore che avrebbe provato in condizioni normali. Piangeva quasi come un bambino, rassegnato, era più un lamento che una disperazione. Poi lo riprendeva il senso del freddo, tremava, e si premeva contro di me dicendomi di continuare le frizioni. La luna rischiarava tutto di una luce brillantissima, mancavano più di tre ore al giorno, e pensai di sfuggire la vista angosciosa del cadavere e il freddo riprendendo la via, anche lentissimamente, ma non mi fu possibile far stare Alfonso in piedi. Tentando di alzarsi sorretto da me, le gambe gli si piegavano sotto come paralizzate. E mi rassegnai a riprendere la lunga attesa inerte. Non ero molto inquieto: lo vedevo stanchissimo, coll'inerzia morale del mal di montagna, mezzo istupidito dalla disgrazia atroce, intirizzito dal freddo, ma speravo che fra poche ore il giorno e il tepore del sole gli avrebbero permesso di muoversi di là: dopo, passo passo avremmo raggiunto il sentiero che era la salvezza. Alle 6 incominciò ad albeggiare, ma l'Alfonso era sempre nelle stesse condizioni. Allora come ultimo tentativo spazzai alla meglio la neve da un tratto eli roccia, lo feci coricare e gli dissi di provare a dormire un po'. Coll'alba rincrudiva il freddo, ed io mi distesi sopra di lui sorvegliandolo attentamente. Si addormentò quasi sùbito d' un sonno normale, non soporoso, ma abbastanza profondo, malgrado la posizione incomoda e l' ostacolo che il mio peso gli faceva al respiro. Dormì quasi un'ora, e si svegliò da sé verso le 7, a giorno fatto. Ottenni che mangiasse due ova, e alle 7 30 potè mettersi in piedi e partimmo. Camminava come un ubbriaco, scivolando a tutti i passi, io stesso non ero molto franco sulle gambe, ma rapidamente col moto riprendevo elasticità e sicurezza. Alfonso invece pareva sempre sfinito, e non m'accorgevo che la temperatura mite migliorasse le sue condizioni. Dovetti concedere fermate ogni pochi minuti, e queste si allungavano sempre più, cosicché in due ore facemmo la strada che si sarebbe percorsa normalmente in un quarto d'ora o poco più. Eravamo al piede, appena un 20 metri sotto l'ultimo spuntone che ci separava dal colle, e Alfonso era seduto da parecchi minuti, e resisteva alle mie preghiere perdio facesse un ultimo sforzo. Batteva di nuovo i denti: per un po' rispose alle mie insistenze dicendo di lasciarlo riposare ancora, poi non parlò quasi più, sebbene capisse quello che gli dicevo, si sentiva stanco, nient'altro. Sedetti vicino a lui, e gli parlai del fratello, cercando di scuoterlo da quell'inerzia. Mi disse " quando saremo a Finero (grossa borgata di Val Cannobina), telegraferemo a Gigi e lo aspetterò per tornare a casa con lui„ ; frase che dice meglio di qualunque descrizione l' incoscienza completa del proprio stato. Io ero inquieto, cominciava il ritardo nelle risposte, era evidente un accasciamento fisico grave, lo vedevo così esaurito che non sapevo come avrebbe potuto resistere altre due ore. Ricominciai le insistenze per muoverlo di là e m'accorsi presto con angoscia che non lo poteva più. Non mi restava che un appiglio, farlo scivolare in basso per uno stretto camino di roccia pieno di neve con un pendìo ripidissimo, che divallava a due passi da noi. Ottenni da lui, ancora cosciente, che si trascinasse fin là, aiutato da me, e cominciai a lasciarlo scivolare seduto nella neve, dicendogli di trattenersi il più che poteva colle braccia. Quando non ebbi più corda (eravamo legati a circa cinque metri di distanza), mi misi io pure nello stretto canale. L'avevo di peso alla cintura, poiché mi occorrevano le due mani per trattenere me e lui servendomi degli appigli rocciosi, fortunatamente solidi e abbondanti delle pareti laterali del camino. Scendemmo così con precauzione un 50 metri; a un tratto io, che in quel momento scendevo di fianco, sentii mancare la tensione della corda e volgendomi vidi Alfonso carponi, quasi coricato, che annaspava colle mani nella neve. Lo chiamai senza risultato, mi slegai fissando il capo della corda a uno spuntone di roccia, e scesi rapidamente fino a lui. Era inconscio, con respiro lento, polso piccolo e rapido. Dovevano essere le 10 antimeridiane. Gli feci il massaggio con neve, mezzo istupidito dalla fatalità che s'era legata a noi. Dopo circa un'ora mori tranquillamente, senza scosse, con un rallentarsi progressivo del respiro, mentre il polso si faceva più piccolo e rapido. Mi sentivo esausto, e risalii quasi subito fino alla cresta donde in mezz'ora raggiunsi il sentiero. „
    Fino a che durerà la fisiologia della fatica saranno ricordate queste pagine del dottor De Filippi, perchè nella storia delle Alpi vi sono pochi avvenimenti più tragici. Fra le relazioni che scrissero gli alpinisti, poche eguagliano questa per la sagacia e il sangue freddo che traspare dalla profonda e fedele sua osservazione dei fatti, nessuna supera questa per la novità di una sventura quasi sovraumana,
    Il meccanismo della morte improvvisa è forse una delle parti meno conosciute nella patologia, perchè spesso non è possibile per riguardi alla famiglia di fare l'autopsia in questi casi disgraziati. Alcune infiammazioni parziali del muscolo cardiaco passano inavvertite. I tendini ed i muscoli che vanno al bordo delle valvole nel cuore si alterano senza che ce ne accorgiamo perchè sono insensibili, e poi improvvisamente si rompono, in uno sforzo, od in una emozione grave e ne segue la morte.
    Assai più spesso come in questo caso è la paralisi del cuore la quale produce improvvisamente effetti mortali. Tutti sappiamo che il cuore batte più forte e più rapido quando ci coglie una forte emozione. Vi sono di quelli che neh' abbattimento di una grande sventura sentono una oppressione come se loro mancasse il fiato. Il sospiro è una inspirazione profonda che noi facciamo nel dolore per rimediare alla respirazione difettosa e insufficiente. Quando mettiamo degli animali sotto una campana pneumatica e rarefacciamo 1' aria cadono sonnolenti, e mentre dormono di quando in quando fanno delle respirazioni più profonde. Ho già detto come durante il mio soggiorno nella Capanna Regina Margherita, ho veduto che alcune persone e un cane sospiravano profondamente tutto il giorno.
   Vi sono delle donne che spesso svengono per la semplice notizia o la vista di un accidente, per un rumore inaspettato. È probabile che anche in questi casi il cuore sia paralizzato per un difetto di innervazione centrale, dovuto al rapido esaurimento che l'emozione ha prodotto nei centri nervosi.
   Che le emozioni rendano più debole il cuore, me ne accorsi in un lutto domestico, per me gravissimo, che mi ha colpito in questi ultimi anni. Salendo le scale della mia casa, sentii per la prima volta che ero obbligato a rallentare il passo od a fermarmi perchè mi mancava il fiato. Il polso era affrettato, e sentivo la palpitazione del cuore. Era un fenomeno come capita spesso nel male di montagna. Il cuore, per 1' esaurimento centrale prodotto dall'emozione, o dalla fatica, non si contrae più completamente, e rimanendo alquanto dilatato, la circolazione nei polmoni si fa più languida e lo scambio dei gas nei polmoni diviene insufficiente. Questa è la causa prima della respirazione affannosa, il cuore batte più frequente per compensare le sue contrazioni che non sono più complete. Quando il difetto della innervazione del cuore diviene più grave, succede la, paralisi del cuore che è sempre seguita dalla morte immediata.
    Così si spiega come i vecchi e le persone deboli possano qualche volta soccombere per effetto di una emozione psichica: cosi forse avvenne la morte di Alfonso Zoja.
   Le emozioni profonde e gli effetti della fatica sono più temibili se la temperatura esterna, è bassa, e divengono mortali quando per la depressione del cervello e del midollo sono paralizzate le funzioni dei centri che regolano la temperatura del corpo e la tonicità dei vasi sanguigni.
   Gli ubbriachi muoiono assai più facilmente per freddo che non le altre persone. Questo anzi è il meccanismo col quale si spiega la morte di coloro che riuscirono a suicidarsi coll'alcool o coll'assenzio, perchè da soli i liquidi alcoolici non produrrebbero la morte. Ma i vasi paralizzati si dilatano, e il sangue raffreddandosi non trova più attivi nell'interno dell'organismo i congegni automatici che attizzano i processi della vita e rinforzano le combustioni nei tessuti appena il sangue si raffredda. L'individuo perde poco per volta il suo calore fino a che si spegne la coscienza, e dopo arrestandosi il cuore ed il respiro ne succede la morte.
   Il dottor F. De Filippi nell'ultima parte della lettera mi scrisse alcuni concetti per spiegare la morte dei fratelli Zoja che io divido pienamente. "Forse il fatto dominante fu un indebolirsi progressivo del cuore ed una paralisi vasomotoria. Certo è una forma che non si può far rientrare completamente in nessuno dei quadri morbosi classici descritti. È anche possibile che si tratti di una vera intossicazione dai veleni della fatica, e che questo fattore intervenga in tutte le morti per esaurimento da grave strapazzo muscolare. Forse individui con ricambio pigro, organismi che abbiano combustioni incomplete e tarda eliminazione dei prodotti retrogradi, possono essere specialmente predisposti a questa forma di avvelenamento, specialmente se il freddo interviene a limitare ancora l'attività del chimismo organico. I precedenti di Raffaello dimostrano una sensibilità grande del suo sistema nervoso alle intossicazioni : invece Alfonso era apparentemente in condizioni fisiologiche, è possibile che l'emozione provocata dalla morte del fratello sia stata troppo violenta per un organismo stanco, malato da ore di mal di montagna, sottoposto per lungo tempo ad una insolita perdita di calore, che da circa venti ore quasi non aveva più preso alimento. Certo si sono sommati tutti questi fattori. Nella ignoranza in cui siamo sulle modificazioni del ricambio che accompagnano il mal di montagna, non possiamo dire se questo possa favorire l'accumulo nell'organismo dei veleni della fatica, e siamo costretti a vagare nel campo incerto delle ipotesi. „

giovedì 26 aprile 2007

Adriana Albertario

Quella di Adriana Albertario è la quarta di nove firme in calce alla dedica della "comitiva della gita al Legnone", scritta a Menaggio il 4 settembre 1893 sul diario di Emma Brugnatelli.
Non siamo riusciti a trovare alcuna informazione precisa su Adriana Albertario.
Albertario è un cognome tipicamente lombardo e specialmente pavese, quindi anche Adriana Albertario potrebbe essere legata, come i Panizza e gli Zoja presenti tra le firme, all'ateneo pavese.

Le persone del quaderno di Emma

A
Adolfo Padovan
Adriana Albertario
Adriana Panizza
Alfonso Zoja
Antonio Fogazzaro
Arrigo Malliani
Aurelia Falsina
Beppe Gallavresi
Berta
Bianca
Blanche
Blanche
Camillo Gaspari
Capitano Russo
Carignani
Carolina Sollier
CBI
Clara Pertusi
Clementina Eisenschitz
Clotilde Biaggini
Clotilde Biaggini
Clotilde Biaggini
coniugi Ardemagni
D Mantovani
Elena
Emilio Sollier
EMT o CMT
Erminia Mejoni
Eugenia Cossa
F.Sismondo
G. Tosi-Castiglioni
Gazzola
Giacinto e Costanza Romani
Gina
Giorgio Gaspari
Giovanni Zoja
Giuseppina Busnè
Giva
GP
GS
Henrietta Adler
I Bassi
I. de Woinovich
Ida Primerano
Il fidanzato di Mina
L.I.do
la tua Lena
Laura
Lesan Panizza
Lice
Lucretia Primerano
Lucrezia Galluppi di Cirella
Luigi Zoja
Luni
Maria Atzeni? Bucarest
Maria Clotilde Sismondo
Maria Cossa (verifica libro Yole)
Maria Simonini
Mimetta
Mimetta Sismondo
Mina
Mina
MV
Noemi Gaspari Biaggini
Noemi Lucchini
O Eisenschitz
P.B. Bellini
P.U.
Pietro Gaspari
Primerano
Raffaello Zoja
Rag. Alberto Moschini
Roberto Adler
Sottotenente Botonda
Teresa
VI o VF
Yole
Zilia

Adolfo Padovan

Secondo Wikipedia Padovan (Luino, 11 novembre 1869 – Milano, 13 luglio 1930) dopo il liceo si stabilì a Milano dove studiò astronomia, che poi abbandonò per dedicarsi alla scrittura di saggi letterari e filosofici come Le creature sovrane (1898), I figli della gloria (1900), Che cos'è il genio? (1901), L'uomo di genio come poeta (1904), Le origini del genio (1909), Il Trentanovelle (1922) e molti altri, pubblicati soprattutto da Hoepli con cui collaborò per oltre un ventennio;  collaborò anche con la Domenica del Corriere, con altri periodici e riviste e con la Milano Films per la quale nel 1911 diresse assieme a Francesco Bertolini e Giuseppe De Liguoro, il lungometraggio L'Inferno.

Non sappiamo cosa lo legasse a Emma Brugnatelli. Quando lascia la propria dedica sul quaderno di Emma ("La menzogna è assai più bella della verità, perché si mente sempre a proprio vantaggio", Milano 31 luglio 1891), ha meno di 22 anni e. verosimilmente,  non è ancora famoso.

mercoledì 18 aprile 2007

Gli amici di Angioletta

Ci piacerebbe che i frequentatori abituali del diario, ci segnalassero i propri blog, da inserire poi in una apposita sezione della homepage. RSVP nei commenti qua sotto.

Ne approfitto anche per chiedervi se, secondo voi, potrebbe essere utile aggiungere anche il giorno della settimana nei post quotidiani anche se nell'agenda originale, essendo una di quelle che potevano essere utilizzate anche in anni successivi, tecnicamente non erano presenti.

Aggiornamento del 26 maggio: alla fine poi i giorni della settimana sono stati inseriti, vedremo anche di aggiungerli anche nei post più vecchi per uniformità e, magari, potremo aggiungere anche le segnalazioni sulle principali feste come Pasqua, Ascensione ecc.

Il quadro storico: Italia 1888

Ecco due utili link per un rapido colpo d'occhio al quadro storico nel quale si svolgono le vicende umane di Angioletta:
Il 1888 in Italia e
Un approfondimento sul primo governo Crispi (1888-1891)

domenica 15 aprile 2007

Borsino dell'umore tra Angioletta e Pietro



In questa figura l'andamento dell'umore reciproco tra Angioletta e Pietro fino dall'11 gennaio al 15 aprile :
in rosso i giorni in cui vanno d'accordo
in azzurro i giorni di freddezza
in blu i giorni di malumore
in nero i giorni di litigio
(in viola i giorni in cui l'umore cambia nel corso della giornata)
in bianco i giorni in cui non ci sono annotazioni.

venerdì 13 aprile 2007

00047 - Conferma a Commissario per Ercole Brugnatelli - Canneto, 25 giugno 1859

Il Regio Alg. N°9
COMMISSARIO STRAORDINARIO
ALLA
Intendenza Generale
DELLA PROVINCIALE DI MANTOVA


Canneto, 29 giugno 1859

N.° 47

Le partecipo ch'Ella resta confermato nel suo posto di Commissario di questo Distretto di Castiglione delle Stiviere, per cui vado a chiedere senza indugio la superiore sanzione del Governo Generale di Lombardia.
Ella saprà far onore alla confidenza, di cui le dò non ordinaria prova.
Il R° Commissario Straord.rio all'Intendenza Generale alla Provincia di Mantova

Giuseppe Pinzi*

Al R. Commissario Dist.le in
Castiglione delle Stiviere

verso:

timbro del R. Commissario Straordinario alla Intendenza Generale della Provincia di Mantova

N. 47
R. Commissario Distrettuale in Castiglione delle Stiviere
(illeggibile)

Dist. Commissariato
N. 2878/13
(illeggibile) li 1.Luglio.1859

*Nota: http://books.google.it/books?id=6ooWAAAAIAAJ&q=%22commissario+straordinario+all'intendenza%22&dq=%22commissario+straordinario+all'intendenza%22&pgis=1






L'Eccelsa I.R. Luogotenenza coll'ossequiato dispaccio (illeggibile) N. 30658/4536 si è degnata di accordare, a di Lei Spese, la chiesta traslocazione all'I.R. Commissariato Dist.le di Castiglione.
Nel renderla pertanto avvertita di quella Superiore determinazione, La invito a prendere tosto i necessari concerti coll'I.R. Commissario D.le di Castiglione Sig.r Giambatta Parini per farmi conoscere con tutta sollecitudine il quando avrà avuto luogo il rispettivo trasloco, ritenuto che le mosse dovranno combinarsi in modo che il servizio non abbia a risentirne danno.

Mantova 13. Dicembre 1856.
L'I.R. Delegato Provinciale
Il Vice Delegato
Giniani (?)

All'I.R. Commissario D.le
Sig.r Ercole Brugnatelli
Volta

verso:
Volta (illeggibile)
N. 6827
(illeggibile) 31 (illeggibile) 1856
(illeggibile)

00046 - Approvazione della richiesta di trasferimento di Ercole Brugnatelli - Mantova, 13 dicembre 1856

N. 21459/3867 VIII° Alg. N°8

L'Eccelsa I.R. Luogotenenza coll'ossequiato dispaccio (illeggibile) N. 30658/4536 si è degnata di accordare, a di Lei Spese, la chiesta traslocazione all'I.R. Commissariato Dist.le di Castiglione.
Nel renderla pertanto avvertita di quella Superiore determinazione, La invito a prendere tosto i necessari concerti coll'I.R. Commissario D.le di Castiglione Sig.r Giambatta Parini per farmi conoscere con tutta sollecitudine il quando avrà avuto luogo il rispettivo trasloco, ritenuto che le mosse dovranno combinarsi in modo che il servizio non abbia a risentirne danno.

Mantova 13. Dicembre 1856.
L'I.R. Delegato Provinciale
Il Vice Delegato
Giniani (?)

All'I.R. Commissario D.le
Sig.r Ercole Brugnatelli
Volta

verso:
Volta (illeggibile)
N. 6827
(illeggibile) 31 (illeggibile) 1856
(illeggibile)

00045 - Nomina di Ercole Brugnatelli a Aggiunto al posto di Commissario Distrettuale - Milano, 8 novembre 1850

N. 24849/3648 VIII° Alg. N°6

Milano, 8 novembre 1850

L'I.R. Delegazione Provinciale

Mediante ossequiato Dispaccio 31 8bre (illeggibile) 1728. (illeggibile) S.E. il Sig. Governatore Generale Civile e militare il Feld Maresciallo Conte Radetzkj, si è compiaciuto di nominarlo (illeggibile) Aggiunto al posto di Commissario Distrettuale, e S.A. il Principe I.R. Luogo della Lombardia ha trovato di destinarlo alla R. Commissaria Distrettuale di Ponte Provincia di Sondrio.
Mi è di vero piacere di darle questa partecipazione essendosi da Lei meritata l'ottenuta promozione e per la distinta capacità e pari zelo che ha sempre dimostrato pel Sovrano e pubblico servizio, per cui non posso che attestarle la mia piena soddisfazione.
Ella si recherà sollecitamente alla preaccennata sua destinazione presentandosi (illeggibile) al Sig. Dirigente dell'I.R. Delegazione Provinciale di Sondrio per la prestazione del prescritto giuramento d'Ufficio.

Il Dirigente
Firm.to C.R. Villaj (?)
Al Signor Ercole Brugnatelli
I.R. Aggiunto Commissario Distrettuale in Carate


Valdi

00044 - Richiesta di trasferimento di Ercole Brugnatelli - Castelgoffredo, 7 aprile 1847

Eccellenza

Il sottoscritto I.R. Aggiunto Com.ss.rio Dist.le di Castelgoffredo Provincia di Mantova, e che già da due anni si trova in questa residenza lontanissimo dalla propria numerosa famiglia, ed in un aria non confacente al suo temperamento, avendo presentita la vacanza del Posto (?) di Aggiunto Commissario in Carate Provincia di Milano, osa inoltrare la sua istanza a V.E. pregandola ad accordargli la traslocazione in quel distretto.

Castelgoffredo li 7 Aprile 1847

l'Umiliss.mo Supplicante
Ercole Brugnatelli

al verso
2818/8

li (?) 14 aprile 1847

00043 - Nomina di Ercole Brugnatelli ad Aggiunto Commissario Distrettuale - Milano, 14 febbraio 1845

4941 Alg.° N 4
891

Milano, 14 Febbraio 1845


Il Governo con determinazione di questo giorno ha trovato di nominarla ad altro dei vacanti posti di Aggiunto Commissario Distrettuale in queste provincie, ed il sottoscritto Governatore lo ha destinato al Distretto di Castelgoffredo provincia di Mantova.
Ciò Le si partecipa, affinché senza alcun ritardo Ella abbia a recarsi alla suddetta sua destinazione, presentandosi però prima a quel Regio Delegato provinciale per prestar di sua mano il prescritto giuramento d'Ufficio ed essere indi attivato nelle sue nuove incombenze.

Spano (?)

Crippa

Al Sig.r Brugnatelli Ercole
Alunno di concetto presso l'I.R. Commissaria
Distrettuale di Corteolona

al verso
Al Signor
Ercole Brugnatelli
alunno di concetto
presso l'I.R. Commis.=
s.to Dist.le di

d'uff. (?) Corteolona

00042 - Abilitazione a concorrere all'Impiego di Aggiunto Commissario Distrettuale per Ercole Brugnatelli - Milano, 11 agosto 1843

25934 Alg.° N 2
4074

Milano, 11 Agosto 1843


Visto l'esito degli esami ai quali Ella è stata sottoposta dipendentemente dalle Istruzioni 14 Dicembre 1820 N. 31958/4040 il Governo la dichiare abile a concorrere all'Impiego di Aggiunto Commissario Distrettuale.

Spano (?)

altra firma illeggibile forse Citterio

Al Sig.r Brugnatelli Ercole
Alunno alla Commissaria Distrettuale di
Corteolona

al verso
Al Signor
Ercole Brugnatelli
alunno all'I.R.
Commiss.a D.le di(?)

d'uff. (?) Corteolona

00041 - Ammissione al tirocinio di Ercole Brugnatelli - Corteolona, 31 dicembre 1840

N.° 3630 Alg. N° I

Ritenute le dichiarazioni espresse dallo Scrivente Ufficio ed avute favorevoli informazioni sul di lei conto l'I.R. Delegazione Provinciale con ossequiata ordinanza 23 scadente mese N°14200=779 si è degnata in seguito alla relativa Supplica ad essa rassegnata di ammetterla a fare la pratica presso questo Commissariato giusta le prescrizioni portate dal Regolamento sanzionato col Vice Reale Decreto 3 Luglio 1820.
Compiacendomi di parteciparle tale favorevole Superiore adesione la insinuo co' suoi diporti, coll'assiduità ed aprendimento di utili cognizioni nel tirocinio che va ad intraprendere ad attestare alla lodata Carica la sua gratitudine del conferitole favore ed a meritarsi l'ulteriore suo patrocinio.
Ella si presenterà allo Scrivente per essere sottoposto alla promessa di taciturnità-
Corte Olona li 30 Dicembre 1840
L'I.R. Commissario Dist.le
Cattanei
Timbro della R.a Cancelleria Censuaria del Dist.o IV CORTE OLONA

Al Sig. Ercole Brugnatelli
Corte Olona

al verso:

N.° 3630
Al Sig.r Ercole Brugnatelli
D'Ufficio Corte Olona

All.° 1 (barrato come per cancellatura)

00116 - Atto di notorietà per Carolina Pertusi sulla successione di Carlo Bersani - Milano, 13 dicembre 1885

Atto di Notorietà
N° 1915 (illeggibile)
13/12 1885
Milano, nella R. Pretura del Mandamento Terzo il tredici di Dicembre milleottocentoottantacinque
Avanti
Il Pretore D. Fabio Bazzani assistito dall'Alunno sottoscritto che presta giuramento ai sensi di legge.
A richiesta del Signor Brugnatelli Ragionere Francesco fu Avvocato Giacomo quale incaricato della Signora Carolina Pertusi maritata Brugnatelli dimorante in Milano Via Torino N° 4 si sono presentati i signori:
I° - Bianchi Carlo fu Gerolamo di anni 27 nato a Chignolo Po a Chignolo Po domiciliato in Milano Via Solferino N° 7 Ingegnere,
2.° - Malberti Riccardo fu Paolo d'anni 24 nato a Desio domiciliato in Milano via Ciovassino N° 1 Commesso Farmacista
3° - Gadina Algeri di Gaudenzio di anni 30, nato a Vercelli domiciliato in Milano, Via S. Maria alla Porta N° 9 Possidente.
4.° Gennari Venceslao fu Angelo d'anni 44 nato a Pollesella (Rovigo) domiciliato in Milano Via S. Giovanni sul muro N° 17 Portiere della Camera di Commercio.
Tutti cittadini del Regno, aventi i requisiti voluti dalla legge non parenti od affini coll'avente interesse nel libero esercizio dei diritti civili e non interessati nel presente atto come essi dichiararono.
Premessa loro dal Pretore una ferva (sic?) ammonizione sull'importanza morale del giuramento, sul vincolo religioso che i credenti con esso contraggono con Dio sull'obbligo di dire la verità e sulle pene dalla legge comminate ai testi falsi e reticenti in materia civile ognuno di essi stando in piedi prestò giuramento dicendo le parole:
Giuro di dire tutta la verità e null'altro che la verità.
Indi concordi ed unanimi fecero la seguente
Attestazione
Essere notorio e di fatto che nel giorno 12 Novembre 1885 mancava ai vivi in questa Città in Via Monforte N° 46 dove aveva la propria abitazione il Signor Ragioniere Carlo Bersani dei furono Giovanni e Morosini Annunciata, celibe.
Che il detto Signor Ragioniere Carlo Bersani col suo testamento olografo 25 Settembre 1883 pubblicato in questa R. Pretura il 12 Novembre 1885 e depositato negli atti del D. Paolo Migliavacca fu Francesco al N°4108/7984 nominò erede di tutta la sua sostanza la di lui nipote Carolina Pertusi maritata Brugnatelli figlia della predefunta sua sorella Luigia Bersani.
Che all'infuori della detta sua nipote Carolina Pertusi maritata Brugnatelli, non si conoscono persone aventi per legge diritto alla sua eredità, non avendo il defunto stesso lasciato né ascendenti, né discendenti, né figli naturali riconosciuti per quanto a noi consta, e che la sua sostanza si viene consequentemente a devolversi interamente alla suddetta sua nipote.
Che per quanto a noi consta non esistono altri testamenti all'infuori del sunnominato, e che il defunto stesso non lasciò altri mobili, biancheria od effetti preziosi oltre quelli descritti nella perizia fatta dai periti Bouvier Pietro e Viscardi Mansueto il 6 (sei) Dicembre 1885 ed asseverata in questa R. Pretura.
Atto, confermato e sottoscritto
firmato = Bianchi Carlo
“ = Riccardo Malberti (illeggibile)
“ = Algeri Gadina
“ = Gennari Venceslao
“ = Rag. Francesco Brugnatelli richiedente
“ = Bazzani Pretore
“ = Gusberti Alunno
Per copia conforme all'originale rilasciata al richiedente.
Milano, dalla Cancelleria della R. Pretura del Mandamento Terzo il 20 Dicembre 1885.
Viganò (illeggibile)

00048 - Lettera del priore Giuseppe Mondelli a Ercole Brugnatelli - Goito, 26 aprile 1860

Pregiatissimo Signor Commissario, mio buon Amico!
Ella sà quanto bene io Le voglia, perché nel tempo in cui fù commissario in questo Distretto, io trovai sempre in Lei un amico, un uomo dabbene, un galantuomo; ed io credo averle dato prove non dubbie della mia sincera amicizia, ond'ella abbia a ritenermi non indegno di Sua benevolenza.
Ma io le voglio sì gran bene, ed Ella non si ricorda mai di me? Non le rincresca questo mio rimprovero, perché sa quanto io sia sincero con tutti e specialmente con gli amici. Godo qualche favore in società, perché non mentisco mai: Quia, coll'Apostolo Paolo, non mentior!...
Io potrei esser ricco, ma avendo voluto dir sempre la verità sono poveretto: aliquando veritas odinni pavit. Ora io vengo a Lei, e La prego di un gran piacere, che spero non mi sarà negato dalla sperimentata sua bontà ed amicizia. Ella sà quanto io ho patito e sofferto sotto l'Austriaca dominazione; e come per tre volte fui chiamato a Verona al Ministero Radetzchi per un saluto da me stampato nel 1848.in lode del magnanimo re Carlo Alberto; e come dall'Austria mi fu strappata dal capo la Mitra e delle mani il Pastorale della Chiesa di Asola: Mitra e Pastorale che avevo io con tanto mio proprio dispendio procurato da Roma a quel popolo devoto, e religioso: dunque ho diritto d'essere creduto, se mi lamento dell'Austria.
Ora per venire alle corte Le dico, che avendo io pensato alla solennità dello statuto che Re Carlo Alberto diede nel 1847.al Piemonte, e che si deve trà noi celebrare col giorno 10. Maggio p.v.; ho preparata per tal giorno una Iscrizione, che essendo capitata nelle mani d'un mio amico ha voluto onorarla più di quello che assolutamente non merita, ed ora si trova nelle mani di tutti, e per la festa mi converrà farne un altra, perché questa è già fatta pubblica prima della solennità. Mando a Lei la detta Iscrizione, con un mio Articolo sul Comunismo confutato dal Vangelo, perché dopo di averli letti, voglia avere la bontà di farli leggere all'Illustrissimo nostro Signor Intendente Maury, che mi si dice essere uomo chiaro per la luce dello ingegno e per bontà di cuore, onde veda di che colore io mi sono; e quali sieno le mie simpatie per la causa Italiana.
Vorrei ch'Ella vi aggiungesse qualche parola di raccomandazione della povera mia persona a cotest'Inclito Magistrato perché col mezzo suo io potessi essere fatto conoscere al Migliore dei Re, al Magnanimo nostro Vittorio Emanuele II°, siccome non indegno del Regal suo Patrocinio, onde potessi conseguirne qualche suffragio, avendo io sacrificato tutto il mio nel mese di giugno dell'anno passato, per salvare il mio caro Popolo dalla barbarie e dalla crudeltà degli Austriaci soldati, quando, prima della battaglia di Solferino, cinquanta o sessantamila stanziavano a queste sponde bisognosi di tutto e tutto esigendo colla prepotenza del cannone e della mitraglia.
Mi riverisca l'Ottima sua Signora Consorte, e mi creda, Egregio Commissario, con sensi di alta stima e di sincero attaccamento.

Goito, 26.Aprile 1860

P.S. Io non sò quando sia stato dato lo Statuto, mi pare col 10 settembre 1847, ma temo di sbagliare.

Devotissimo Oss.mo Servo
Priore Mondelli Giuseppe

Ad alcuni Principi e Sovrani
Non basta lungo corso di vita
Per acquistarsi fama ed onori
Anzi talvolta in un momento solo
Si rendono odiosi a tutto il mondo
Al Magnanimo Re Carlo Alberto
Padre Augusto dell'amato nostro Sire
Bastò un giorno solo per rendersi immortale
Per acquistarsi le benedizioni
Di tutte le genti incivilite
E questo fù il dì 10. Settembre 1847
In cui diede lo Statuto al suo Popolo
Che oggi celebriamo con tanta gioja
E letizia nei nostri cuori
Il Sovrano Austriaco
Non seppe mai trovare sì bel giorno!

ovvero
Il Sovrano Austriaco
né i Principi a lui soggetti
Non seppe mai trovare sì bel giorno!

giovedì 25 gennaio 2007

11 Dicembre 1891 - La compravendita della farmacia

Compra Vendita N 2299
dell'esercizio di farmacia in Milano
fatta con Istrom.to 11 Dicembre 1891 a rogito Dottor B.° Vassalli del Signor Giuseppe Brugnatelli alla Società anonima cooperativa farmaceutica in Milano con sostituzione di pegno per garanzia di residuo prezzo di vendita convenuta.
______________________________

Trasferito all'ufficio ipoteche addì
31 Dicembre 1892 N. 4937
VASSALLI D.r BENIGNO
NOTAIO
Milano - Via Porlezza Num. 2

Copia autentica esecutiva pel Signor Giuseppe Brugnatelli Venditore

______________________________

In nome di S. Maestà Umberto I per grazia di Dio e per volontà della Nazione Re d'Italia
Compravendita
Num.° 2299/1013 del Repertorio
Regnando Umberto 1° per grazia di Dio e volontà della Nazione
Re d'Italia
L'anno milleottocentonovantuno =1891= questo giorno undici = 11 del mese di Dicembre.
In Milano e nella Casa in Via Porlezza al Civico Numero due = 2.
Combinatosi per reciproche verbali intelligenze la vendita da parte del Signor Giuseppe Brugnatelli alla Società anonima cooperativa Farmaceutica con sede in Milano dal suo Presidente della Farmacia e relativo esercizio della stessa tenuta in questa Città in via Torino N.4, dal Venditore perché del prezzo convenuto e dei modi e tempo del pagamento del medesimo e relative garanzie fre i contraenti ed ogni altra modalità in argomento abbia a risultare da atto regolare, si addiviene al presente col quale
Si sono personalmente costituiti
Avanti di me Dottor Benigno Vassalli del fu Filippo notajo residente in Milano ed inscritto presso il Consiglio notarile di questa Città e Distretto ed alla presenza dei Signori Argenti Ambrogio fu Pietro, nato e domiciliato in Milano Via Carlo Alberto, N.30 , ragioniere e Mazzucchelli Pietro fu Luigi qui nato e residente in questa stessa casa, portinajo, persone da me conosciute, richieste per testimoni ed aventi all'uopo le qualità dalle leggi prescritte siccome confermano
I Signori
Giuseppe Brugnatelli del fu Luigi, nato a Pavia e qui residente in Via Torino N.4, chimico farmacista.
Luigi Giussani fu Innocente, nato e domiciliato in Milano Corso Porta Vittoria N.28, agente nella sua qualità di Presidente della Società anonima cooperativa farmaceutica a capitale illimitato con sede in Milano stata costituita con Atto 26, Gennajo 1890 N.1914/824 a rogito da me notajo infrascritto ed approvata con Decreto 17 Febbrajo 1890 N.1333 R.G.C. del locale Regio Tribunale Civile e Penale ed autorizzato a tutte le cose di cui infra a tenore dello Statuto della Società medesima.
E quindi
Le stesse parti da me notajo personalmente conosciute inerendo alle premesse che confermano a reciproca richiesta ed accettazione stipulano e convengono quanto segue:
Il Signor Giuseppe Brugnatelli agendo in proprio per sé e suoi ed aventi dato
Ha fatto e fa vendita alla Società anonima cooperativa Farmaceutica a capitale illimitato con sede in Milano e per la quale stipula, accetta e si obbliga il qui intervenuto Signor Luigi Giussani Presidente della Società stessa ed alle cose tutte di cui in quest'atto autorizzato a norma dello Statuto della Società stessa.
Nominatamente
Della officina farmaceutica (detta volgarmente Spezieria o farmacia) con annesso negozio, spaccio o bottega posto in Milano nella Via Torino al civico Num.4, quattro, e quale esercizio per la sua ubicazione e concessione governativa viene designato col numero trentuno = 31 = ritenendosi compreso nella presente vendita il diritto di esercizio alla farmacia stessa inerente a tenor di legge e delle originarie patenti di concessione in quanto esistano; e del pari comprendendosi nella vendita l'avviamento così detto dell'esercizio tutti i generi e preparati chimici e farmaceutici, droghe, utensili ed i medicinali, vasi istromenti, apparecchi, macchine, mobilio, timbri, scorte, niente escluso ed eccettuato che sia annesso, connesso, fisso ed infisso e di pertinenza dell'esercizio stesso e nei locali da esso dipendenti e che esistevano a partire dal giorno ventotto = 28 = scorso Novembre corrente anno nel negozio stesso e sue dipendenze, escluse per altro le mensole in ferro per le lampade interne della Farmacia a partire dal ridetto giorno 28 Novembre scorso a tutti oggi, dichiarandosi dal Signor Luigi Giussani per la Società Cooperativa farmaceutica acquirente e di essere in piena e perfetta qualità e quantità di tali enti ed oggetti di cui venne già redatta apposita descrizione, quanto del complessivo loro importare valutato a denaro.
Quale vendita si fa e rispettivamente si accetta colle clausole abdicative e traslative della proprietà e del possesso colla consegna materiale degli oggetti mobili ed enti sopraindicati e delle chiavi della farmacia al compratore ed anche in via simbolica e consensuale per dichiarazione fra le parti, con posizione della Società cooperativa farmaceutica acquirente in primo luogo, ragione e stato del venditore, senza per altro rilievo da questi dei debiti e crediti della farmacia che fino a questo giorno inclusivi saranno per intero a carico e profitto di esso venditore, non essendosene la Società cooperativa acquirente obbligo, responsabilità o diritto di fronte ai terzi ed allo stesso venditore pei detti suoi debiti e crediti, obbligandosi anzi quest'ultimo alla piena manutenzione e difesa del presente contratto contro chiunque.
Il tutto pel prezzo inteso e convenuto e che si conferma di italiane lire trentasettemila £.37.000.000 = che il Venditore Sig.r Giuseppe Brugnatelli dichiara e confessa di ricevere qui all'atto in valute legali previamente riconosciute e numerate fino a concorrenza della somma di lire novemila £. 9000 nella quale però viene dalla Società acquirente imputata a degrado la somma di lire ottocentoventicinque £.825 importo del trimestre d'affitto dal 29 Dicembre corrente al 29 Marzo 1892 che sono convenute a carico del venditore.
La restante somma di lire Ventottomila £.28000 = si conviene fra le parti che verrà pagata come segue:
Quanto a lire novemila £.9000 - fra sei mesi da oggi scadenti il giorno undici = 11 = Giugno 1892 £.9000
Quanto a lire novemila e cinquecento £9500,00, fra un anno da oggi scadenti quindi il giorno undici 11.Dicembre 1892 " 9500
E quanto infine alle residue lire novemila e cinquecento... fra un anno e sei mesi a partire da questo stesso giorno e scadenti quindi nel giorno 11, Giugno dell'anno 1893, milleottocentonovantatre, 9500
con che viene appunto a completarsi la somma residuata di £.28000
dovuta come sopra a saldo prezzo della sua presente vendita.
La Società cooperativa acquirente si obbliga a mezzo del suo Presidente a corrispondere nel frattempo al Venditore Signor Brugnatelli, o chi per esso, sulle ridette somme di residuo prezzo ed in via scalare sulle medesime gli interessi nella misura calcolata sul cinque per cento (5 p. 100) annua a partire da questo giorno e fino all'effettivo pagamento come sopra rateato delle somme di cui la Società acquirente rimane debitrice al venditore, riservandosi per altro la Società stessa la facoltà di effettuare il pagamento parziale ed anche totale del residuo prezzo suddetto prima delle ridette scadenze col semplice preavviso scritto di giorni quindici = 15 = convenendosi per altro espressamente che la tassa sulla ricchezza mobile od altra qualsiasi che colpisse il capitale ed i suoi frutti dovrà sempre pel detto residuo prezzo dovuto essere a carico esclusivo del Venditore Signor Brugnatelli.
Il presente contratto viene poi fra le parti reciprocamente fatto ed accettato sotto la obbligatoria esatta osservanza dei seguenti patti e condizioni da ritenersi [1 Vedi infine] condizioni essenziali del contratto e senza dei quali il contratto stesso non si sarebbe effettuato ed in mancanza ed inadempimento si ritiene nullo e come non avvenuto e risolto a richiesta anche di una sola delle parti a tenor di legge e cioè:
1° La farmacia ed il suo esercizio non potrà mai essere ceduta od alienata dalla Società cooperativa acquirente se prima questa non avrà intero soddisfatto il detto residuo prezzo ed interessi relativi, a garanzia dei quali ed in genere per il puntuale adempimento delle presenti convenzioni si ritiene la medesima vincolata siccome la si vincola a pengo speciale a favore del Venditore Signor Brugnatelli con tutto quanto in essa si ritrova, costituendosi la Società a mezzo del proprio Presidente attuale contraente, o di chi altro in avvenire si crederà surrogargli, quale depositario e detentore della detta farmacia e di tutte le scorte, mobili ed utensili della medesima a nome del Venditore fino al plenario soddisfacimento del dovuto residuo ed accessori, e quale pegno si ha per esteso e si estende anche su tutte le merci ed oggetti che in emergenze di tempo venissero introdotti nel negozio od officina farmaceutica ed annessi per qualsiasi titolo o causa. Non si ritengono vincolate per altro dal pegno suddetto le merci, medicinali ed oggetti che dovessero essere esportati a titolo di vendita inerente allo stretto consumo dell'esercizio quotidiano, o per cambiamento di località, continuando ad esistere in ogni caso il pegno sugli oggetti, mobili ed effetti che ai venditori si dovranno surrogare immediatamente.
Tutti gli oggetti sottoposti per tal modo a pegno, oltre quanto retro è detto, si descrivono come segue, a mente dell'Art.° 1880 Codice Civile vigente, e cioè:
Una impenata a cinque lastre grandi all'apertura del negozio in Via Torino
Un banco di legno noce
Due grandi scansie legno noce a vetri che coprono i tre lati interni del negozio di farmacia
Due bilancie in pacfond
Un porta olio pure in placfond
Tre piccole scanzie [sic] coperti di vetro per ripostiglio della specialità.
Nel retro farmacia
Una scansia di legno noce con bassamento [sic] simile e due altre piccole pei veleni
Una lampada pel gaz
Un ripostiglio coperto lastra marmo bianco.
Un recipiente in rame, lambicchi, bronzi, vetri, una tromba a pompa di rame ed ottone.
2°. Il pagamento tanto del residuo prezzo di vendita che dei relativi interessi dovrà sempre farsi in Milano alle manie domicilio del Creditore, o chi per esso, in valuta legale avente corso in questa Città ed in pezzi o banconote non inferiori alle lire dieci (£. 10) salvo le frazioni
3°. Non si ritengono compresi nella presente Vendita i crediti e debiti di negozio di nessuna sorta i quali pertanto avrà facoltà ed obbligo il Venditore di esigerli o pagarli come e quando e in quel modo a lui parerà e piacerà, senza alcuna ingerenza ed obbligo da parte della Società cooperativa attuale acquirente.
4°. La consegna della farmacia e degli oggetti tutti ad essa attinenti, non che dei locali e titoli di proprietà e d'acquisto si effettuerà immediatamente colla firma di quest'atto in quanto non siasi già altrimenti provveduto, ed in tale occasione e pel fatto della firma di questo contratto si ritengono cominciare da questo stesso giorno a favore della Società cooperativa acquirente il possesso e godimento della medesima, di modo che sarà ad essa facoltativo di occuparla ed esercitarla o farla esercire quando che sia, obbligandosi il Venditore a lasciarne liberi i locali d'esercizio ed annessi tosto a richiesta della Società acquirente, e quanto a quelli di abitazione goduti attualmente dal Venditore nella Casa stessa questi si obbliga di lasciarli liberi essi pure a disposizione della Acquirente Cooperativa non più tardi del giorno trentuno - 31 - del corrente mese ed anno.
5.° Quanto all'affittanza del negozio di farmacia ed ai locali annessi non che pure per quelli attualmente godute fin'ora dal Sig.r Brugnatelli che andando a scadere il Contratto in corso col proprietario Sig.r D.r Legnani col 29 Settembre 1892 dovrà la Società fare le pratiche per la rinnovazione dell'affitto scadente, ritenendosi che detto Contratto non impegna per nulla la Società acquirente, mentre esso Signor Brugnatelli se ne assunse l'impegno ed anzi ebbe già ad anticipare la semestralità di cui si tratta.
Tale Contratto porta scadenza del 29 Settembre 1892 ed è in data del 24 Giugno 1889 per Scrittura privata in autentica D.r Sfondrini registrata a Milano Atti privati il 25 Giugno 1889. Vol.408 fog. 85 N. 10753 colla tassa di £.33.
6.° Dichiara e garantisce il Venditore Signor Brugnatelli che la farmacia oggetto della presente vendita e relativo diritto d'esercizio ed ogni altro ente anche mobile di essa contemplato in quest'atto come oggetto facente parte di essa e con essa venduto come infra alla Società Cooperativa Farmaceutica sono liberi di pegni, sequestri, vincoli, precetto, ipoteca ed altro onere qualsiasi, salvo le pubbliche imposte, obbligandosi il medesimo, come si obbliga, di tenerne sollevata ed indenne la Società acquirente da qualsiasi danno, molestia o pretesa di terzi e da qualsiasi spesa che potesse derivarle tanto pel fatto suo, proprio personale del venditore, che di terzi, ed in ispecie per pretese di risarcimento di danni in dipendenza di cause pendenti inerenti all'esercizio della Farmacia ceduta ed incoate dal Venditore che ne assume perciò la personale responsabilità a sollievo della Società acquirente, essendo questa altra delle condizioni e clausole essenziali del presente contratto.
7.° Dichiara il Venditore di prestare siccome presta fin d'ora alla Società acquirente e per essa al suo legale rappresentante ogni opportuno assenso e consenso perché la medesima possa venire riconosciuta dalla competenti autorità e dai terzi quale vera ed unica cessionaria ed esercente in proprio dell'infradetta Farmacia e relativo diritto d'esercizio, e possa farne la debita notifica a chiunque ed esporre la propria Ditta in luogo di quella del Venditore stesso, il tutto per ogni effetto di ragione e di legge, ritenendosi del resto obbligato il Venditore a dare alla Società acquirente quei documenti che le fossero giuridicamente necessari a tutela del proprio acquisto ed alla prova di esso e della sua libertà, ritenendosi consensualmente fra le parti che il Venditore non possa pretendere il saldo dell'ultima rata e precedenti senza avere prima ottemperato alla rigorosa osservanza di questo patto.
A complemento della presente vendita il Signor Brugnatelli consegna qui all'atto al Signor Luigi Giussani che ne accusa ricevuta i seguenti documenti e cioè:
a) Copia autentica del Decreto d'autorizzazione all'esercizio della Farmacia in esso Venditore in Milano in data di Firenze 27 Maggio 1867
b) Copia autentica dell'Istromento 17 Novembre 1815 a rogito D.r Moreschi Codelli già notajo della Provincia di Milano al N.150 di suo repertorio portante la vendita della detta Farmacia fatta dal Signor Carlo Vandoni fu Giuseppe al Signor Gio. Antonio Giuseppe Del Conte del fu Giorgio acquirente per persona da dichiararsi (copia semplice)
c) Privata scrittura 4 Luglio 1816 vidimata nelle firme del D.r Carlo Bonifacio Reina quondam Giacomo Antonio Notajo residente in Milano portante la vendita della spezieria stessa fatta dal Signor Eugenio Villa quondam Pietro e Giò. Batta Monesi quondam Giuseppe, persone dichiarate dal Signor Gio. Antonio Giuseppe Del Conte, al Signor Francesco Nicoli di Giò. Antonio (originale)
d) Istromento 18 Agosto 1838 a rogito D.r Antonio Broglio quondam Paolo Notajo residente in Milano al N.26 del suo Repert.° portante vendita della stessa farmacia fatta dal Signor Francesco Nicoli fu Giò. Antonio al Sig.rPietro Tibaldi fu Giuseppe (copia autenticata).
e) Istrumento 3 Ottobre 1838 a rogito dello stesso D.r Broglio al N. 27 di Repert.° portante convenzioni circa il pagamento del prezzo della dieta farmacia tra i nominati Signori Francesco Nicoli e Pietro Tibaldi (copia autenticata)
f) Istrumento 23 Novembre 1844 rogito Dottor Antonio Franzini quondam Gaspare Notajo delle provincia di Milano allora residente in Gorgonzola al N.1106, del suo repertorio portante la successiva vendita della detta spezieria fatta dal Sig. r Pietro e figli Tibaldi ai coniugi Signori Ambrogio Giussani e Rosa Mantovani (copia autentica)
g) Istrumento 26 Febbrajo 1857 a rogito D.r Elia Elia del fu Stefano notajo residente in Milano al N.251 di Repertorio, notificato al R. Ufficio di Commisurazione in Milano come da bolletta 28 Febbrajo detto anno N.8517-4217 portante vendita della detta farmacia dai conjugi Ambrogio e Rosa Giussani all'attuale venditore Signor Giuseppe Corbellini (copia autentica)
h) Quitanza 3 Novembre 1861 in bollo da Franchi 3 per la somma di £ 3000 residuo prezzo della detta farmacia rilasciata dai Signori Conjugi Giussani sunnominati, autenticata nelle firme dal D.r Gio. Pavia quondam Saverio Notajo residente in Corsico (originale)
8.° A partire dal giorno 28 Novembre prossimo scorso in avanti le tasse di esercizio e quella sulla così detta Ricchezza mobile inerenti all'odierno acquisto della farmacia staranno a carico della Società acquirente, essendo gli arretrati a carico del Venditore, facendosi facoltà da quest'ultimo all'Acquirente di rivalersi sulle rate d'interesse del residuo prezzo dovuto di quelle ad esso pertoccati e che non fossero eventualmente state pagate.
9 Viene fatta facoltà alla Società acquirente di operare la trascrizione del presente Contratto nei competenti Uffici delle ipoteche a sensi dell'Art.° 1932 N.1 del Vigente Codice Civile.
10.° Dichiara il Signor Brugnatelli che esso fa espressa rinunzia all'indennizzo eventuale a favore dei farmacisti privilegiati di cui all'Articolo sessantotto - 68 - della vigente legge sanitaria, che sarà quindi, ove del caso, devoluto per intero alla acquirente Società cooperativa Farmaceutica che ne assume anche perciò ogni relativa spesa per l'eventuale conseguimento di tale indennizzo
11.° Le spese e tasse del presente istrumento, quelle di una copia autentica in forma esecutiva pel Venditore, delle quitanza parziali e finale da farsi quest'ultima in forma notarile a suo tempo a complemento di quest'atto, sono con ogni altra annessa, connessa e relativa, compresa una copia autentica per la Società Cooperativa per intero a carico di quest'ultima.
Delle quali cose richiesto io Notajo jo steso quest'atto e l'ho pubblicato per lettura di esso da me fattane alle parti alla contemporanea presenza dei testimoni prenominati e dietro conferma fu sottoscritto dalle parti e dai testimoni con me notajo per ultimo.
Quest'atto scritto in parte da mano di persona di mia fiducia ed in parte da mano da persona di mia fiducia ed in parte da pugno di me notajo consta di cinque - 5 - fogli occupati per pagine diciotto intere colla scritturazione e parte della diciannovesima.
Sottoscritti = Brugnatelli Giuseppe
Luigi Giussani Presidente
Della S.a Cooperativa farmaceutica
Rag. Argenti Ambrogio Teste
Mazzucchelli Pietro Testo
D.r Benigno Vassalli fu Filippo notajo residente in Milano
/1 quali /2 rinunziando altresì il Venditore all'ipoteca legale di contro garanzia.
Si approvano le due postille alla presente copia autentica.
Concorde all'originale in più fogli tutti muniti della prescritte firme e si rilascia in forma esecutiva al venditore Sig. Giuseppe Brugnatelli
Comandiamo a tutti gli uscieri che ne siano richiesti ed a chiunque spetti di mettere ad esecuzione la presente, al ministero pubblico di darvi assistenza, a tutti i comandanti ed uffiziali della forza pubblica di concorrervi con essa quando ne siano legalmente richiesti.
Milano, li 31 Dicembre 1891.
Dr. Benigno Vassalli fu Filippo notajo residente in Milano